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01 May 2010

Alonso al Corriere della Sera: “Non immaginavo che la Ferrari fosse così emozionante”

Maranello, 1 maggio
GP BAHRAIN F1_2010
Alla vigilia del Gran Premio di Spagna, una delle sue due corse di casa, Fernando Alonso ha rilasciato un’intervista a Flavio Vanetti del Corriere della Sera, che qui riportiamo integralmente.

La domanda alla quale non darà risposta è quella che ipotizza il suo passaggio sull'altra parte della barricata: lui intervistatore e non intervistato.
«Che cosa chiederei a Fernando Alonso, se fossi giornalista? Sapete che non lo so...».

Il quesito più attuale, invece, è quello che gli impone di pesare “l’impatto” del suo essere ferrarista, finalmente ferrarista, immaginando che cosa accadrà il 9 maggio quando si correrà a Barcellona. Un vantaggio o una pressione pazzesca?
«Sarà solo un fatto positivo, un vantaggio. La gente avrà grandi aspettative, faremo di tutto per non deluderla. A Barcellona stacchi cinque metri più tardi e acceleri due secondi prima».



Avanti, dunque, senza paura. Alonso, lei ha super assicurato i suoi pollici con 10 milioni di euro. Come un pianista, un pianista di F1.
«Il Banco Santander si lancia nel campo assicurativo. lo faccio da testimone. In effetti i pollici sono una parte del corpo che noi piloti usiamo tanto».

Come convive il campione con il timore dell'infortunio?
«Non bado molto a questo. So che devo avere una vita tranquilla, il mio lavoro dipende dal mio stato fisico. Faccio tutto con attenzione e scrupolo. Sì, si vive con un po’ di ansia. Ogni volta che si corre, vuoi essere al massimo».

Alonso il pragmatico è o non è anche un fatalista?
«Siamo noi a costruirci il destino. Nel Gp di Cina sono scattato in anticipo per un mio errore, non perché la sorte s'è messa di mezzo».

L'errore. Come lascia?
«Dà da riflettere. E rende delusi con se stessi. Ci penso a lungo? No, ci penso dopo: non puoi farti travolgere, non ne verresti fuori più ».

Alonso è un fuoriclasse, la Ferrari è la Ferrari: è giusto dire che dovevano incontrarsi per forza?
«Non so se sono un fuoriclasse... Ma di sicuro, io e la Ferrari viviamo le corse in modo passionale. Essere in un team più freddo era un po' strano; Quanto alla Ferrari, avere oggi due piloti latini dà motivazioni maggiori».

Si è perso del tempo prima che l'attrazione fatale arrivasse a buon fine?
“Io e la Rossa abbiamo percorso strade differenti. Ma non abbiamo perso tempo: io non ho vinto con la McLaren e per due anni con la Renault ma sono un pilota migliore rispetto al 2006. La Ferrari, invece, ha vinto nel 2007 il Mondiale con Raikkonen e il titolo Costruttori nel 2008. Nel 2010 ci siamo incontrati, scoprendo di essere più pronti».

L'emozione di essere a Maranello è pari a quella immaginata?
«No, è diversa. In meglio. Mi aspettavo di arrivare nel team più forte e di sfruttarne il potenziale. Ma ho visto che la Ferrari è ben di più: è una passione, è una filosofia, è un modo di vita. Sono contagiato da questa emozione».

C'è da dire che Schumacher le ha dato una mano nell'inserimento: molti tifosi del Cavallino si sentono traditi da lui...
«Ora, forse, siamo più liberi...».

Ci descrive l'Alonso che sta dietro la maschera da guerriero?
«Un tipo tranquillo. Direi anche simpatico. E romantico. Non ho una caratteristica speciale, sono un uomo normale. Sono timido e non lo nascondo. Ma quando mi sciolgo, emerge lo spagnolo vero».

La timidezza, se trasferita nel lavoro, non ostacola?
«Sì. Però nel mio caso sparisce quando indosso il casco».

Alonso difende la sua privacy.
«Si, mi incavolo se ficcano il naso nella mia vita. E una questione di carattere, di educazione, di quello che mi hanno detto i genitori: il circuito è una cosa, la casa è un'altra. L'interesse verso Fernando Alonso deve finire alla domenica pomeriggio».

Che cosa non le va della F1?
«Quando storpiano la tua immagine: la gente magari fraintende e si fa idee sbagliate».

Lei è il risultato di una Spagna diventata dominante nello sport, oppure e’ una cosa a parte?
«Appartengo ad una generazione eccellente, sbocciata grazie a un Paese esploso negli ultimi vent'anni. Pure nello sport abbiamo fatto passi giganteschi: pensate al tennis, oggi abbiamo il duemila per cento di campi in più”.

Ma la Spagna sportiva ha avuto anche la macchia di un dottor Fuentes, coinvolto in brutti episodi di doping.
«Ogni nazione, ogni sport, ha i suoi Fuentes. Guardiamo solo agli aspetti buoni”.

Qual è il suo idolo sportivo?
«Miguel Indurain. Riservato come me, esaltante nell'azione. Un supereroe».

Lei si accorge di essere visto come un supereroe?
«No, non me ne rendo conto. Però so che esistono sia questa immagine sia questa devozione verso la F1 e i suoi piloti. In Spagna so che c'è gente che trema o piange di gioia, se mi vede: è quello che provavo io per Indurain».

Uno spagnolo in Italia... Come si trova?
«Spagnoli e italiani hanno lo stesso modo di vivere. Ci piace fare festa e divertirci, ma siamo professionali come i popoli, più freddi nell'animo, del Nord Europa».

Vede un'Italia spaccata tra Nord e Sud?
«No, la vedo unita. Non dimenticate che provengo da un Paese nel quale ci sono i separatisti baschi, catalani e perfino asturiani, quelli della mia terra...».

Come vede il suo Re, un ragazzo spagnolo del terzo millennio?
«I giovani lo rispettano, però non ci fanno molto caso: lo considerano un'istituzione più adatta ai genitori e ai nonni. A me, invece, Juan Carlos di Borbone dà un'impressione enorme, anche perché sono un tradizionalista».

Flavio Briatore, per lei molto di più che un amico, è diventato papà: la fa sorridere?
«Sì, non è una cosa facile da immaginare».

Pronostico: magari Briatore la «contagia» e pure lei diventa padre.
“Io e mia moglie Raquel ne abbiamo parlato qualche volta ma abbiamo concluso che adesso non è il momento. Sì, c'è il mio lavoro; ma c'è anche il suo: è una cantante, tiene 40-50 concerti all'anno. Per avere una famiglia devi fermarti, tanto per cominciare. E poi nulla sarà più come prima. Il destino, in questo caso, deciderà per noi. Anzi, no: pure in una vicenda del genere sei arbitro di te stesso».

Le diamo la bacchetta magica. Che cosa cambia nel mondo?
«Il mondo è messo male. Povertà e ricchezza creano squilibri: al 99%, tutti vorrebbero risolvere questo problema e non mi sembra di dire una cosa epocale».

Come si vince un Mondiale?
«Partendo dalla macchina, con una buona progettazione. Poi viene lo sviluppo, anche se con le limitazioni attuali la fantasia è castrata. Diciamo che per vincere, adesso serve pure la fortuna. Ed è necessario che funzioni non solo un dettaglio, ma un gruppo di cose».

Il pilota non incide?
«Incide la squadra. Ovvero: come si lavora in fabbrica prima e in pista poi. Lascio a chi guida una percentuale bassa, però il pilota deve essere all'altezza nelle prestazioni e nella regolarità. Non è importante dare il cento per cento di tanto in tanto, ma il novantotto sempre e in ogni condizione».

Red Bull, Ferrari, McLaren: così sono nell'ordine giusto?
«La Red Bull va meglio in qualifica e ha tanta velocità; ma in gara noi la raggiungiamo. La McLaren sa sviluppare in fretta le sue auto, per noi non siamo da meno. Totale: Ferrari favorita per il Mondiale».

Torniamo a Schumacher. Il fatto che sia andato alla Mercedes ha sorpreso anche lei?
«Sì, eccome. A me però ha sorpreso pure il fatto che sia rientrato... Con la vita comoda che poteva sfruttare e con quel passato...».

In Cina l'hanno criticata per il sorpasso a Massa nella bretellina della pit-lane. Lo rifarebbe?
«Certo, non ci sono dubbi».

Quale coppia di piloti può mettere in difficoltà quella formata da Alonso e Massa?
“Io e Felipe ci completiamo a vicenda. A me manca qualcosa nella gestione delle curve che lui invece ha, mentre io, in certi tratti, sono più rapido. Imparare a vicenda è un segreto. Chi ci può dare problemi? Button e Hamilton».

Alonso chi gode a sorpassare?
«Lasciare dietro Schumacher è sempre un bell'affare: se ne parla per una settimana».

Vuole dare un consiglio a Valentino Rossi, che forse non ha smesso di pensare alla F1?
«E’ il numero uno della storia del motociclismo, nessuno lo avvicinerà. Passare ai rally o alla F1 non gli farebbe male, però non ho consigli per lui. Ma se venisse da noi, sarebbe il benvenuto».

Spagnoli e italiani sono molto cattolici. E in Italia abbiamo pure il Papa. Lei si inserisce tra gli sportivi religiosi? Com'è il suo rapporto con Dio?
«Non c'è alcun rapporto e non l'ho mai cercato. Ribadisco: non credo nel destino e in un'entità superiore: se un aereo cade e muori, non è perché uno ti ha chiamato in cielo».

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