Cartoline da Monza – Il filo rosso
L’appuntamento di Monza è stato e sempre resterà una gara speciale non soltanto per la Ferrari ma per chiunque ami veramente la Formula 1, che più che su qualsiasi altro circuito ha in questo tracciato la quintessenza dei suoi valori più importanti: velocità, ardimento, passione, coraggio, tecnologia estrema. Lo è, naturalmente, anche per Luca di Montezemolo, la cui storia sportiva e personale è legata da un filo, ovviamente rosso, a quella del Gran Premio d’Italia.
“Tanti sono i ricordi che mi vengono in mente quando penso a Monza” – racconta a www.ferrari.com il Presidente della Ferrari – “Bellissimi ma anche molto dolorosi. Penso ad esempio all’impressione che mi fece il tragico incidente che segnò l’edizione del 1961, con la vettura di von Trips che volò fra il pubblico alla Parabolica: fu un episodio che mi impressionò moltissimo e mi fece capire subito quanto le corse in automobile fossero tanto affascinanti quanto rischiose. E fu proprio a Monza che vidi il mio primo Gran Premio dal vivo, nel 1966: quel giorno vinse Lodovico Scarfiotti al volante di una Ferrari e fu l’ultimo successo di un pilota italiano nella corsa di casa”
Sono state tante le gioie sportive che Monza ha dato alla Ferrari e una di queste rappresenta uno dei momenti più belli dell’ultra quarantennale rapporto di Montezemolo col Cavallino Rampante. “La vittoria di Regazzoni e il terzo posto di Lauda nel 1975 furono motivo di grande soddisfazione e gioia: fu il mio primo mondiale” – continua il Presidente – “Con quel risultato infatti portammo a casa sia il titolo Piloti che quello Costruttori, riportando dopo undici anni di attesa la Ferrari davanti a tutti. E come non ricordarsi dello stesso Niki che, l’anno dopo, coraggiosamente si mise nell’abitacolo della sua Ferrari quando ancora le piaghe provocate dal rogo del Nürburgring sanguinavano? Fu quarto quel pomeriggio, sicuramente primo come sofferenza e volontà.
Da quando, alla fine del 1991, Montezemolo ha assunto il ruolo di Presidente della Ferrari è cambiato il modo di vivere il weekend di gara rispetto al periodo in cui era direttore sportivo della Scuderia: “Adesso non vado molto spesso ai Gran Premi, soprattutto la domenica: troppa sofferenza, preferisco seguire la gara a casa mia, da solo, davanti al televisore. Cerco però di non mancare il sabato delle qualifiche di Monza: mi interessa vedere da vicino il lavoro della mia squadra e anche di buttare un occhio sui concorrenti e mi piace il contatto con i nostri tifosi. Monza è uno di quegli appuntamenti che non potrà mai mancare nel calendario della Formula 1. A qualcuno potrà anche sembrare anacronistico un tracciato con quattro curve e tre chicane ma qui vale lo stesso discorso di Monte Carlo: entrambe sono due facce imprescindibili di questo nostro sport, una per il glamour che circonda la gara, l’altra per l’emozione che solo la velocità sa dare”.
Monza ha riservato più gioie che dolori negli ultimi vent’anni: “E’ vero, ci sono state delle belle soddisfazioni. Penso al 1996 quando Michael Schumacher vinse la corsa dando il definitivo segnale che, da allora in avanti, potevamo rientrare nel giro delle grandi squadre. Penso al 2000, quando Michael piegò il grande rivale Hakkinen e dette il via a quel fantastico rush di quattro vittorie consecutive che ci fece tornare, dopo ventun anni d’attesa, sul tetto del mondo. Penso al 2006, quando ancora Michael colse un trionfo bellissimo proprio nel giorno in cui annunciava il suo ritiro dalle corse (quello vero, perché per me dopo ha corso un gemello che non conosco…). Penso al 2010, quando Fernando Alonso superò un avversario durissimo come Button: anche allora c’era una McLaren come avversaria e sembrava poter iniziare una nuova favola come quella di dieci anni prima ma poi sappiamo come andò a finire quella maledetta sera ad Abu Dhabi…”
I giorni che precedono il Gran Premio d’Italia si vivono in un’atmosfera del tutto particolare: “Cerco sempre di scrutare lo sguardo dei miei uomini per capire come stanno davvero le cose” – dice Montezemolo – Li sprono fino all’ultimo momento a portare in pista magari quell’ultimo piccolissimo sviluppo che ci può dare quei centesimi di secondo che magari possono farci migliorare. E poi c'è il magnifico pubblico di Monza che ci accoglie sempre con grande calore: Si dice che non faccia differenza correre davanti al proprio pubblico ma credo che non sia così: vale per la squadra, vale per i piloti – i nostri, anche gli stranieri, diventano italiani d’adozione quando sono vestiti di rosso – ma vale anche per le vetture. Sarà irrazionale, non lo nascondo, ma sono convinto che anche le sospensioni, le ali, i motori di una Ferrari quando possono correre a Monza danno qualcosa in più, qualcosa che può fare la differenza”.
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