Cartoline da Monza – Sfogliando l’album dei ricordi
A Maranello non c’è un album dei ricordi più ricco di quello di Piero Ferrari. Il figlio del Fondatore ed attuale Vicepresidente dell’azienda rappresenta il filo conduttore che attraversa quasi tutta la storia del marchio più forte del mondo. E’ naturale quindi che una parte importante delle pagine di quest’album siano collegate a Monza e al Gran Premio d’Italia.
“L’appuntamento di Monza è sempre stato speciale per noi” - racconta – “Ricordo bene che mio padre era tassativo e qualche settimana prima della gara inviava a tutto il personale della Gestione Sportiva la comunicazione che le ferie erano ‘sospese fino a dopo il Gran Premio d’Italia’. A lui piaceva tutto di Monza, in particolare la velocità delle vetture e la passione della gente. Bisognava prepararsi a puntino e ancora oggi credo che ognuno di noi condivida le stesse sensazioni quando ci si avvicina a questo Gran Premio.
A Monza sono legati anche dei ricordi tragici, alcuni vissuti di riflesso perché era ancora un bambino, come la morte di Alberto Ascari, vittima di un incidente in occasione di un test privato il 26 maggio 1955: “Mio padre non volle mai entrare nei dettagli ma io capii che era rimasto molto colpito da quella tragedia. Già ci era rimasto male quando Ascari aveva lasciato la squadra per passare alla Lancia poi avvenne quell’incidente, oltretutto mentre guidava una Ferrari praticamente per caso perché quella era la vettura che Castellotti avrebbe dovuto usare in una gara Sport la settimana successiva. Non ci furono testimoni oculari dell’incidente e mio padre non seppe mai che cosa era veramente accaduto”.
Anche la prima esperienza di Piero Ferrari dal vivo a Monza fu segnata da un evento tragico: “Era il 1961 ed io ero in tribuna centrale per seguire la corsa. Alla fine eravamo contenti perché Phil Hill aveva vinto e, grazie a quel successo, si era laureato campione del mondo. Tutti intorno a me gioivano perché non sapevano che cosa era accaduto all’inizio della gara alla Parabolica, dove von Trips era volato fuori pista in mezzo al pubblico, trovando la morte e provocando una strage. Dovete pensare che, all’epoca, non esistevano i maxischermi come oggi, quindi non si vedeva nulla di quello che accadeva negli altri punti del circuito. Uscimmo dalla tribuna felici per il risultato sportivo ma quel sentimento svanì una volta in automobile sulla strada del ritorno, quando dall’autoradio apprendemmo quello che era successo”.
Tre le vittorie cui il Vicepresidente è particolarmente legato, due ottenute dallo stesso pilota, Clay Regazzoni. “La prima risale al 1970, all’epoca in cui vincere a Monza era una questione di scie: c’erano delle lotte serratissime per tutta la gara, tanto che in quella gara furono ben sei i piloti che si alternarono in testa. Clay riuscì progressivamente a scrollarsi di dosso tutti gli avversari e a vincere, battendo alla fine Stewart. La seconda, cinque anni più tardi, vide ancora Clay imporsi, stavolta davanti a Fittipaldi e a Lauda. Proprio Niki quel giorno conquistò il Mondiale: ci mancava ormai da troppi anni e fu bellissimo riconquistarlo proprio a Monza, davanti al nostro pubblico”.
La terza vittoria non può che essere quella del 1988, con la magnifica doppietta di Gerhard Berger e Michele Alboreto a meno di un mese dalla scomparsa del Fondatore: “Fu quasi una coincidenza astrale. Noi ci eravamo preparati come non mai per quella gara, sapevamo che era l’unica occasione per far bene in una stagione dominata dalla McLaren: ‘o la va o la spacca’, ci dicemmo prima della partenza per Monza. Ce la mettemmo tutta e andò bene, anzi benissimo. Ci fu un pizzico di fortuna, sotto forma di alcune circostanze che ci fecero pensare che da lassù qualcuno stesse guardando il Parco: almeno è bello pensare che sia andata proprio così!”
Fra i tanti che ha conosciuto, due piloti hanno lasciato un segno in Piero Ferrari. Entrambi, curiosamente, si sono laureati campioni del mondo proprio a Monza: “Uno è Niki, un pilota straordinario con cui avevo e ho tuttora un rapporto di grande simpatia che ha resistito al trascorrere del tempo. L’altro è Jody Scheckter, un uomo sempre con i piedi per terra. Quando vinse il titolo comprese che la Formula 1 non era più il suo mondo e, un anno dopo, si ritirò e si dedicò agli affari: anche con lui ho mantenuto un bel rapporto”.
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